ANCHE IN VERSIONE AUDIORACCONTO SOFT. Legge Claudia Ascione
- Sapevo che
saresti andata via di la ... lontano, ma forse mi confondo. –
- Chissà,
sono passati tanti anni – rispose Nora – ero ancora giovane, dovevo fare tante
cose ... – un velo di nostalgia avvolse la fine delle sue parole ma forse,
Mauro, se l’era solo immaginato.
Nora, invece,
faceva del suo meglio per mantenersi laconicamente sul vago... e disinteressata.
Dopo la loro
storia, finita quasi venticinque anni prima, il suo umore e i suoi
atteggiamenti erano cambiati spesso rispetto a “lui”!
Nei primi
anni, soprattutto appena seppe che lui aveva sposato quella “puttana schifosa”
una rabbia sorda e nascosta, l’aveva resa arida, cattiva, determinata.
Si sposò
pure lei, un “bamboccione”, uno dei tanti che le sbavavano dietro: il più
coglione.
Voleva un
uomo da manipolare, sfruttare e mortificare e Pierpaolo era proprio il tipo
giusto.
In seguito,
a letto, scoprì che la prima impressione non era sbagliata ... l’uomo, appena
abbandonate le remore iniziali, era masochista e amante della sottomissione.
All’epoca Nora
era una furia e, pur di dimenticare, si prestò al gioco, imponendogli tutta una
serie di mortificazioni e di castighi.
Lo faceva
vestire da donna, lo penetrava con un grosso cazzo di plastica, lo sculacciava
...
Poi vennero
i figli: prima Marco, poi la femmina dopo due anni.
Nora era una
persona d’amore e i bambini mitigarono la sua rabbia, che cedette il posto alla
routine e agli impegni di una giovane mamma.
Pierpaolo
venne “parcheggiato” e “accontentato” occasionalmente. Dopo cinque anni di
matrimonio la vita si era normalizzata. L’uomo era un bravo padre e un gran
lavoratore e quasi sempre, la notte, si dormiva.
Per anni la
donna aveva sepolto i ricordi, tutto l’impegno era per i figli e per la
Caritas: quando poteva faceva volontariato per raccogliere offerte e aiuti per
le giovani madri in difficoltà.
Mentre Mauro
“la violentava” di parole dalla cornetta, Nora non capiva niente, ma ascoltava
quella voce speciale, dall’accento inconfondibile, come alla radio si ascolta
una vecchia canzone dimenticata, che, all’improvviso, ti riporta al cuore tanti
ricordi, a volte struggenti.
Ricordò che
circa quindici anni prima lo aveva rivisto, per caso. Si concessero un caffè
... quattro chiacchiere, ma lei lo aveva tenuto freddamente a distanza.
In quel
periodo era abbattuto, provato, le sue scelte si erano rivelate catastrofiche
... ma lei non riuscì a sorriderne né allora, né mai.
Ricordò solo
che, allora, lo odiava ... semplicemente.
Forse, più
che lui, odiava tutto ciò che lo circondava ... donne, figli, colleghi, casa
... lei odiava la sua vita.
Forse non
riusciva nemmeno a sopportare che, mentre gli anni passavano, lui avesse una
vita tutta sua, lontana, staccata da lei!
Pensieri da folle, ammise adesso.
Ora,
superati da poco i cinquanta, Nora si sentiva abbastanza “anziana” da non avere
più la grinta per i sentimenti “forti”. Da anni si era placata la sua sete di
vendetta assurda, inutile: ora era una signora, ancora bella, dicevano, e
questi palpiti del cuore li lasciava ai suoi figli, anzi nemmeno più a loro!
Ormai erano abbastanza grandi da pensare solo all’università e, compostamente,
ai rispettivi amori, pacati e consapevoli.
Stupidamente
si chiese se, i suoi ragazzi, avessero mai provato la vera passione.
- Devo
vederti ... ecco ... – stava dicendo Mauro, in quel momento.
Nora si
riprese dal fantasticare: - Tu sei matto – disse – e perché mai, poi? –
- Perché
voglio vederti ... almeno una volta, come allora. – disse lui emozionato –
perché io non ti ho mai scordata ... –
-
Impossibile! – avrebbe voluto anche attaccare, drasticamente, per cancellare il
passato con un colpo solo ma, pensò, se non era successo in trent’anni non
sarebbe successo adesso. Tacque.
- Nora, –
disse Mauro piano – ti prego ... voglio solo stringerti la mano, non voglio
diventare ancora più vecchio ... non voglio lasciare questo “posto”, senza
incontrarti, almeno una volta ... –
- E va bene
... un caffè. Sia ... – rispose laconica.
- Oh, cara,
fra quanti minuti ... dove!? –
- Non fare
il buffone, come tuo solito ... non penserai di vedermi adesso!? – disse Nora
categorica – Credi che mi lascio incontrare senza andare dal parrucchiere? Hai
una moglie giovane tu ... e io invece ... sono passati gli anni, lo sai scemo?
–
- Tesoro,
quando vuoi, dimmi tu ... non voglio assillarti. –
- Uhm –
meditò Nora – diciamo ... la settimana prossima, Martedì; puoi di mattina? –
- Ma certo,
alle dieci, va bene? –
- No aspetta
... – replicò lei – alle dieci si, va bene, ma di Mercoledì ... sono superstiziosa
lo sai. –
- E dove?
Vengo con la macchina, così, se vuoi, ci possiamo spostare ... –
- Macché,
vieni a casa ... ma cosa sogni nella tua mente malata, oh? – lo rimproverava ma
era allegra – Sono una vecchia signora ... coi figli grandi e un marito vecchio
e più rimbambito di te ... vieni a casa! Cosa credi di fare ... ? –
- Non so ...
ma sono certo che con te, farei ... farei tante cose, eccome! –
- Puah ...
non solo sei vecchio, ma pure sporcaccione ... siamo a posto! –
Si
salutarono ridendo.
2
- Accomodati,
vieni ... –
- Caspita –
disse Mauro, guardandosi intorno – l’hai ristrutturata veramente bene ... non
la riconosco più. –
- Sai, sono
arrivati i bambini ... ora sono grandi, la ragazza è sposata da poco, ma vive
lontano. – Mauro seguiva Nora che gli mostrava gli ambienti nuovi ricavati
nella casa antica.
- Comunque ... – disse Nora, con poco interesse alla visita guidata – salotto
“buono” o cucina “living”? –
- Camera da
“letting”? – fece Mauro, una battuta scema.
- Perché ...
ti faccio venire sonno? – rise Nora – non pensavo di essere ridotta così ... –
Sedettero in
cucina e, finalmente, appena lui tolse gli occhiali, si guardarono negli occhi
e, per un interminabile istante, si tuffarono l’una nell’anima dell’altro.
La stessa,
identica sensazione provata la prima volta che si erano fissati e ... rapiti,
con gli occhi, trent’anni prima.
Erano
cambiati. Molti inverni avevano provato le loro ossa, molte estati avevano
seccato la loro pelle ma, per le loro anime, niente era cambiato.
La nostalgia
li trascinò per pochi secondi in un vortice senza appigli e senza pavimento ...
poi Nora fermò quel momento di caduta libera:
- Caffè? –
chiese.
- No,
grazie, solo un bicchiere d’acqua ... devo riprendermi ... –
- Ma
smettila di fare lo scemo – Nora era leggermente stizzita, mentre l’antica
rabbia le ricordava tutto quello che non era stato, tra loro.
- Sei il
buffone di sempre – disse poi, calmandosi – piuttosto raccontami di te, anche
tu hai figli, ricordo bene? –
La donna si
appoggiò alla cucina in una posa che, probabilmente, le era familiare e
incrociò le braccia delicate.
Mauro bevve
con avidità, aveva la fronte leggermente sudata. Approfittò di un tovagliolino
del dispenser.
- Non
parliamo di questo tempo inutile, te ne prego – disse – Mentre gli anni passavano
sapevo di viverli senz’anima ... senza amore ... come se il mio spirito fosse
parcheggiato, mentre il corpo faceva del suo meglio per accontentare gli altri
... e forse, la vita stessa. –
- Ma insomma
... – replicò lei spazientita – cosa vuoi? Vuoi che ti chieda di andartene ...
ma io non lo so! – sbottò.
- No, ti
prego – disse Mauro – perdona la mia irruenza ... abbi pazienza. E’ che non mi
pare vero di vederti qui, davanti a me ... come una volta. – poi con
delicatezza ... – Come sei bella! –
- Si,
proprio! – però sorrise del complimento.
Effettivamente
aveva avuto la fortuna di mantenersi magra e minuta, nonostante gli anni, le
gravidanze e gli affanni ... però sapeva di avere le rughe agli occhi e che,
sotto il reggiseno, non c'era più quel seno florido che le ornava il petto nella
sua “primavera”.
Mentre lui
finiva la sua acqua, lo studiò, critica, e dovette ammettere che si manteneva
bene anche lui; ricordò dolorosamente che aveva quattro anni meno di lei e che
adesso le pesavano tutti, altroché.
Aveva messo
qualche chilo, un po’ di pancia, ma tipicamente “mediterranea” ... e non gli
stava tanto male.
Ma quello
che non riconosceva assolutamente in questo “signore” così vicino ma così
estraneo, era la dolcezza che trasmetteva ... il suo sguardo era remissivo, arrendevole;
ma lui non era così, oh no!
Lo ricordava.
Battagliero, deciso, volitivo: un po’ prevaricatore ... invece adesso, eccolo,
piegato dalla vita, con qualche ruga ai lati della bocca, segno di un lunga,
misteriosa, sofferenza ... e fu così, che Nora, si lasciò fregare.
Non avrebbe
mai e poi mai ceduto a Mauro, mai più nella vita, lo aveva giurato; ma
soprattutto mai e poi mai, quella mattina normale, in casa sua, proprio in quel
giorno ...
Ma Mauro era
cambiato e, nonostante le battute che faceva, era talmente cambiato da farle un
tenerezza dentro, che non sapeva spiegarsi.
Lui parlava
e parlava, come un ragazzino che a scuola si accorge di essere comico, e lei
sorrideva e fingeva di ascoltare le sue scemenze ma, intanto, moriva dalla voglia
di abbracciare, di stringere, quel “vecchio” ragazzo.
Le ricordava
Charlot e le sue gag da clown mentre il suo sguardo era triste e innamorato ...
Ecco perché
Nora cedette.
- Ma adesso
parlami di te, te ne prego – stava dicendo Mauro – ti sto annoiando.
Intanto si
alzò per mettersi in piedi di fronte a lei ... forse un po’ più vicino del
dovuto.
Nora si ritrovò all’altezza del petto di lui ... per dimostrarsi disinteressata
aveva tenuto delle belle pantofole, ma basse ... e lui, come tanto tempo fa, la
sovrastava di molti centimetri.
Con la mano
Mauro le prese delicatamente il mento, per poterla fissare ... Nora non riuscì
a svincolarsi, mente i suoi occhi luccicavano per quel contatto così intimo,
intenso.
- Posso
usare il bagno? - disse lui, inaspettatamente – Perdona, vengo da lontano ... –
- Certo, si
... vieni con me. – e lo accompagnò alla toilette.
Nora era una
donna determinata, da sempre, fin dal primo incontro ... quando in un solo
giorno erano finiti a letto, appassionatamente, la sera stessa.
Così, invece
di fermarsi e aspettare gli eventi, si recò meccanicamente in camera da letto e
indossò delle calze autoreggenti nere, come una volta piacevano a lui, le
scarpe lucide col tacco sottile e delle mutandine, sempre nere, col davanti in
merletto trasparente.
Si recò
anche lei nel suo bagno, per dedicarsi un attimo a rimediare al trucco, a
pettinarsi e a controllare le sue esigenze fisiologiche: con mauro non si
sapeva mai.
Mauro,
intanto, seduto su uno sgabello, prese dalla tasca il piccolo portapillole e lo
aprì.
Come al
solito guardò con sospetto le pasticche, sorprendendosi di quanto potesse fare
al corpo un “oggetto” così minuscolo.
Come la sera
prima scartò, ancora una volta, la dose di anticoagulanti che gli aveva
ordinato il suo cardiologo, invece prese tra le dita quella piccola pillola blù
e la osservò, prima di assumerla.
Non aveva
mai fatto uso di una cosa del genere ... ma, stavolta, ne valeva la pena,
pensò, felice.
Uscito dal
bagno non trovò Nora, ma lei dal corridoio gli gridò di aspettarla in salotto.
- Fai come a
casa tua ... arrivo subito! –
Sedette sul
divano. La sua attesa non fu lunga: quando Nora arrivò, lui si rese conto che
qualcosa, nel suo aspetto era cambiato. Nella luce attenuata dalle spesse
tende, Nora era bellissima e si muoveva per la camera a suo agio, come una
gatta.
La donna
fece partire una musica delicata, accendendo lo stereo col telecomando.
Poi,
mettendosi di fronte a Mauro, accennò quello che in passato aveva già fatto per
lui: uno spogliarello, semiserio, ma intrigante.
Piano piano,
Nora, aprì il camice che aveva per casa, un bottone dopo l’altro ... e lo fece
scendere languidamente dalle spalle verso il basso fino a liberarsene
completamente.
Nella
penombra il suo corpicino, slanciato dai tacchi, era delizioso come sempre.
Mauro
sentiva sempre più caldo.
Con gesti
teatrali e abbozzati, Nora continuò e si fece scorrere le mutandine giù, giù
fino a staccarle da sotto i tacchi a spillo.
Ora, ferma,
davanti al grande tavolo, concluse il suo “gioco” con una posa da Pin-up:
una mano
sulla vulva e l’altra di traverso sopra i seni, protetti, comunque, dal
reggiseno a mezza coppa, che lasciava intravvedere i piccoli capezzoli scuri.
- Sono
ancora brava? – concluse con una risata limpida – Ti ricordi? –
- Mi fai
uscire pazzo, come sempre, tesoro! – disse Mauro infervorato. Non riusciva a
far finta di niente, come sempre la vista del suo corpo lo rendeva impaziente
... eccitato, e Nora lo sapeva bene.
Mauro si
alzò e si accostò alla sua donna, con la sicurezza del passato, la prese per i
fianchi, affascinato dalle sue gambe, ancora tornite.
Al tatto, la
pelle di lei, era cedevole, deliziosa ... meno tonica di una ventenne, ma
delicatamente arrendevole sotto le dita.
Nora era
ancora molto bella e Mauro la baciò, senza mezze misure.
Mentre la
trapassava con la lingua e le suggeva la saliva, con le mani, dietro la schiena
delicata, se la tirava verso il pube, dove il cazzo si faceva sempre più duro.
La
strattonava verso se in maniera animale, come se volesse rimarcare, dopo tanti
anni, un possesso che andava oltre il tempo.
Nora si lasciò andare al “suo uomo” ... solo adesso ammise, amaramente, con se
stessa di sapere che era stata sempre sua, nonostante tutto.
Se non fosse
stata così eccitata, avrebbe pianto di gioia e di dolore, ma adesso era troppo
su di giri per non godersi quell’abbraccio maschile.
Mauro aveva
addosso lo stesso profumo di una vita fa, e Nora si rammaricò di non avere più
usato il suo, per rabbia, contro la vita e contro l’amore.
Lei cercò la
patta del suo uomo con le mani e frugandogli nell’inguine, si ritrovò il suo
cazzo liscio tra le dita ... si sentì mancare.
Erano due
anni che non toccava un pene, vivo e caldo.
Dopo poco
Mauro, che era tornato il leone di sempre, la condusse per mano al divano, con
gesti sapienti e la posizionò a favore dei suoi desideri.
Fece in modo
che Nora si stendesse di traverso sui cuscini e che, con la testa, si
ritrovasse leggermente fuori dal bracciolo. Lui si mise sul lato in modo da
dominarla completamente.
Per prima
cosa le infilò il suo cazzo in bocca senza preamboli e subito iniziò a darle
delle profonde stantuffate, tanto, che gli occhi di lei si riempirono di
lacrime, per la difficoltà a respirare sufficientemente.
Lui, senza pietà, invece di accorciare la spinta, si fermava spesso col glande
infisso nella gola della povera Nora, che era costretta a respingerlo con le
mani ... a volte tossendo, nella foga di riprendere fiato.
Mauro aveva
le mani libere, intanto, e spadroneggiava sul suo corpo, facendo scempio dei
seni, della pancia bianca e della vulva, che la donna, inarcata, spingeva verso
l’alto.
Lui le mise
in bocca i coglioni, poi, divaricate le gambe all’inverosimile, la agganciò con
due dita nella fessura, tirando verso l’alto come un amo, con i polpastrelli
infissi nel punto “G”.
Nora era
bagnata da fare schifo ... da buona donna di casa si chiese come avrebbe fatto
a pulire i suoi umori dal divano, specialmente quando Mauro, rimessole in bocca
il cazzo, si abbassò sulla vagina per spennellarla con la lingua.
I liquidi
dei due colavano tra le chiappe di Nora, irrorandole l’ano.
Come
facevano ai bei tempi, quasi tutti i giorni, l’uomo si sedette su una sedia che
gli capitò a tiro e Nora, leggendogli il pensiero, andò ad abbracciarlo ... lei
sapeva cosa gli piaceva.
Aprì le
gambe mentre gli stringeva il collo con la sinistra: l’altra mano cercò il
perno di lui e si indirizzò la capocchia, esposta, tra le grandi labbra
bagnate.
Si penetrò da sola, mettendoci tantissimi, lunghi, istanti.
Il cazzo di
Mauro era grosso e durissimo, lei piccola e minuta, si sentì sventrare mentre
ci scendeva sopra, accogliendolo in figa.
Una volta
dentro, dopo una chiavata di alcuni minuti, Nora volle godersi quella nerchia
come piaceva a lei ... abbracciò Mauro e lo strinse tutto a se.
Mentre si
baciavano con le lingue invasate, Nora danzava sul perno, roteando il bacino.
Sentendolo
pressare da tutte le parti, la donna venne, in un lunghissimo desiderato,
orgasmo.
Come ai bei
tempi, urlò, respirò, mugugnò, ma soprattutto pianse, con i singhiozzi, mentre
veniva.
Ma Mauro si
ricordava bene di lei, in ogni particolare, e non se ne curò, anzi.
Stringendolo al petto, Nora sussurrava al suo amante:
- Che mi fai
fare ... che mi fai fare! – e intanto non si stancava di baciargli il volto e
le labbra.
- Sono
vecchia, vero? Sono brutta ... – gli disse, delicatamente, con tutta l’amarezza
degli anni perduti.
- Sei il mio amore ... l’unico: come potresti mai invecchiare, tesoro mio? –
rispose Mauro, godendosi ogni tratto di lei.
Nella
penombra, sembrava che il tempo si fosse veramente fermato. I tratti della
donna, la sua pelle cedevole, le sue forme, erano ancora, per lui, quelli della
sua “ragazza”.
Il viagra
aveva un effetto meraviglioso, lui non lo aveva mai preso, non avrebbe potuto
... invece si sentì uno sciocco.
Il membro
era duro senza incertezze, foraggiato dal piacere di avere ritrovato lei, Nora,
la donna che portava nel cuore da tanti anni.
Lei scese
dal suo grembo:
- Vieni,
amore – disse prendendolo per mano – ti voglio nella mia camera da letto. –
Stesi sul
letto, fianco a fianco, nudi, ricordarono alcuni degli episodi più spassosi
della loro giovinezza ... le risate di lei partivano cristalline, semplici,
come una volta.
Nessun
accenno, mai, ai torti, ai litigi, ai momenti bui e ... agli anni passati,
senza sapere niente l’uno dell’altra, mentre una vita intera gli scorreva
addosso.
In quel
momento, tutto e tutti, passavano in secondo piano, come comparse in un film
dove solo loro due erano i protagonisti.
Mauro non
sapeva come descrivere la sua gioia ... non c’erano parole per descrivere
quello che quei momenti valevano per lui ... era come se la vita,
all’improvviso, riprendesse significato.
Nora si
voltò su di lui e, dopo averlo baciato, si riportò il cazzo di lui alla bocca,
nel più tradizionale dei pompini.
Per oltre
dieci minuti, giocò delicatamente col suo membro, riportandolo alla rigidezza
totale e godendosi quel sesso, del tutto diverso, condito dall’amore.
Non era solo
piacere era: gioia.
L’intesa
fece capire a tutti e due quando erano pronti ... allora lei si scostò da lui e
gli aprì le gambe, pronta ad accoglierlo in se.
Mauro le fu
sopra rapidamente e, senza preamboli, si innestò dentro il suo corpo.
Di nuova
quella indescrivibile sensazione di essere un corpo solo, un tutt’uno.
Nora lo
abbracciò con le braccia e con le gambe, dandogli la netta sensazione di non
volerlo mollare mai più ... così come un edera che si avvinghia all’albero che
ha scelto.
Scoparono
così, premendosi contro, mentre il loro petto, sudato, si incollava, mentre i
fianchi di lei lo desideravano dentro, e quando il ritmo divenne insostenibile
e sguaiato ... come dannati se ne vennero insieme, perdendo del tutto ogni
contatto con la realtà.
Il seme di lui era sparso nella più recondita profondità della sua vulva, nel “sancta
sanctorum” di una donna che ama.
Goderono
insieme, a lungo, e restarono abbracciati, nonostante il calore, per
interminabili minuti ... in quel letto che era loro di diritto e che, chiunque
altro, avrebbe solo potuto profanare.
Nora fu la
prima a riprendersi:
- Amore ...
non so che ti “mangi”, ma hai ancora il cazzo duro.
Se
dipendesse da me, lo consumerei, oggi, ma tra poco, qui ... arrivano tutti.
Proprio non
saprei come giustificare questa nostra ... presa di posizione. – rise, felice
di avere un pizzico di paura, come una ragazza che usurpa la stanza dei
genitori.
- Hai
ragione – rispose lui – è veramente molto tardi! –
Quando uscì
dal bagno era di nuovo vestito, ma notò che Nora aveva indossato solo la
vestaglia.
- Non ti lavi? – le chiese.
- No, voglio
tenerti dentro, il più possibile – rispose lei con uno sguardo sornione,
delizioso e complice.
-
Naturalmente tu ... – abbozzò lui impacciato – non ... voglio dire, non hai più
problemi? Giusto. –
Ma Nora si
gelò, perché un’ombra scura le attraversò per un istante l’anima ...
- No – disse
piano, con una punta amara – Non ho più problemi ... adesso. –
C’era troppo
feeling tra loro perché la mente di Mauro non si aprisse.
Come un
squarcio improvviso, il passato gli tornò alla mente e capì che i suoi timori
di allora erano tutti fondati.
- Ma allora
... allora ... – annaspò, sentendosi mancare – Tuo figlio, il primo ... –
- Ne
parleremo un’altra volta ... se mai ci sarà. – rispose Nora senza più allegria
–
Adesso è
tardi, vai, te ne prego ... non mettermi in imbarazzo. –
E senza
aggiungere altro lo accompagno dolcemente, ma con fermezza alla porta.
- E’ stato
meraviglioso, Mauro, ma adesso, addio. – e chiuse in fretta l’uscio per non
commuoversi, o peggio, per non cadergli ancora tra le braccia.
Mentre
ritornava in cucina, sentì annaspare alla porta, come un cane che volesse
entrare ... ma decise di non rispondere a quel tentativo così infantile.
Non poteva e
non doveva: questa era la sua vita!
Non poteva
certo immaginare che Mauro strisciava le dita sulla porta perché non riusciva
ad emettere nemmeno un lamento.
3
Circa mezz’ora
dopo, puntuale come sempre, rientrò il marito.
Poggiata la
borsa sulla vecchia scrivania dello studiolo, si lavò le mani, si cambiò e come
al solito, si sedette al tavolo della cucina.
- Non ho
avuto tempo, oggi – disse Nora, fredda – Sto scaldando le linguine e vi ci
metto sopra un po’ di pesto. –
L’uomo capì
che non era giornata, ma ormai ... non ci faceva più neppure troppo caso.
Sapeva che, se mangiava ancora bene, lo doveva alla fortuna di avere Marco, il
figlio grande, ancora in casa.
Si incollò
al televisore senza lamentarsi.
Marco,
invece, arrivò molto più tardi del solito e Nora gli servì la pasta, che aveva
coperto, per non farla freddare, mentre suo padre aveva appena terminato la
frutta.
- Volevo
aspettarti ... – disse il padre – ma poi. Sono passate le due! –
- Come mai
così tardi? – chiese Nora, più per distrarsi dal suo torpore che per vera
curiosità.
- Un casino
... – disse il ragazzo – mi sono trovato in mezzo a un bordello ... proprio qui
sotto. Cazzo! –
- Ma ch’è
stato? – disse il padre, facendosi più attento e anche Nora si riscosse.
Il giovane,
visibilmente turbato, si lavò le mani sotto il rubinetto del lavello, come se
stesse raccogliendo le idee.
- E’
successo qualcosa? – chiese la madre.
- Ma no ...
niente a me, però ... – si vedeva chiaramente che Riccardo era veramente
scosso.
Sedette, ma
senza mangiare.
I genitori
pendevano dalle sue labbra.
- Ma niente
... però, incredibile. – iniziò, per sfogarsi – io ero qui già all’una, forse
anche prima di te, papà.
Ma mentre
scendevo dalla moto mi è praticamente venuto addosso uno ... un vecchio,
insomma non tanto vecchio ... un uomo. -
- Hai avuto un incidente? – chiese Nora, ormai apprensiva, riguardo le sorti
del figlio.
- Ma no,
mamma – disse Riccardo – L’uomo non era in macchina, era a piedi, mi si è quasi
buttato addosso ... dice: “Per piacere portami via ...” Io sono trasalito, a
vedermelo così vicino, ero sorpreso ... confuso.
“Portami lontano da qui, per pietà ... Ti pago, ma allontaniamoci da qui, sto
male!” “Vi chiamo l’ambulanza?” gli ho detto. E lui dice di no, insiste: “Portami
via, portami via ... ti pago”.
“Ma dove?”
gli dico, sempre più confuso ... anche perché si vedeva che stava tanto male,
aveva il braccio tirato ... e tutto qui – s’indicò con la mano l’occhio e la
guancia sinistra – livido, quasi bluastro ... insomma i sintomi di un infarto,
ma di quelli fulminanti.
Avrei voluto
dire di no, ma lui me lo chiedeva per pietà ... “Portami via ... per pietà, lei
non mi deve vedere, così!” Boh? Non mi mollava, però, allora ho preso la moto
di nuovo e lui è riuscito a salirci, non so come.
Gli ho detto
che non avevo il casco ... ma a fatto cenno di andare. –
- Ma tu
guarda che casino – disse il padre – così si passano i guai! –
- Allora
l’ho portato al Santa Croce, che dovevo fare? La ci sta il pronto soccorso.
L’ho fatto
sedere sul marciapiedi, perché non si reggeva più ... chiaramente non c’era un
cazzo di nessuno, li fuori.
Allora lui
mi ha preso la mano ... stava male ma mi ha sorriso ... e, poi, con l’altra
mano ha preso dei soldi e me li ha dati.
Io volevo
dire di no, ma che vuoi discutere? Quello stava morendo, gli occhi annebbiati
... io non mi scorderò mai quegli occhi ... sembrava mi guardasse con dolcezza,
ma di sicuro, nemmeno mi vedeva ... sicuro!
Sono corso
dentro come un pazzo, ancora col casco in testa, e ho chiamato gli infermieri.
Abbiamo spinto
insieme la barella, ma non c’era più niente da fare. Niente ... – disse
visibilmente commosso – non ce l’ha fatta ... –
L’atmosfera,
nella cucina, si era raggelata.
Nora si
scosse per prima e andò al lavello, poi aprì l’acqua facendola scrosciare, senza
motivo.
Il figlio se ne stava lì, pensoso, come se stesse digerendo, soltanto adesso,
lo stress della situazione in cui si era trovato; il padre, al suo fianco, non
sapeva cosa dire.
Allora
Riccardo si alzò e prese dalla tasca dei jeans, una manciata di euro,
stropicciati, posandoli al centro della tavola.
- Adesso che
devo fare con questi soldi? – disse sconfortato – Dobbiamo rintracciare la
famiglia ... restituirli. –
- No! –
secca, quasi rabbiosa, la voce di Nora ruppe il silenzio.
- Ma, mamma
... – disse Roberto, stupito - saranno più di cinquecento euro ... –
- Non
importa ... – disse ancora Nora, mentre l’acqua scorreva inutilmente nel lavabo
– non importa! Tienili tu, tienili. Quell’uomo è contento così ... tienili.
Considerali un regalo, considerali come ... un’eredità! –
La voce
della donna era lievemente velata dall’emozione, era chiaro per tutti: ma
nessuno disse una sola parola, nel silenzio del pomeriggio.
FINE
Commenti
Posta un commento