Suor Angelica: Le punizioni di Ofelia




Ci sono persone ingenue che si conoscono e fanno un abile uso della loro ingenuità.
(François de La Rochefoucauld)


1 - Ofelia

Quando Ofelia era solo una ragazzina dovette vedersela con Sam. Sam era il ragazzo di sua sorella, quella grande, che aveva già diciannove anni.

Sam giocava spesso con lei perchè stava quasi sempre a casa loro. Giocando, giocando, iniziarono a fare anche la lotta. Naturalmente il ragazzo era molto più forte di lei e vinceva. Riusciva a immobilizzarla e, dopo di questo, la sculacciava scherzosamente... più o meno, ora era sulle natiche, ora sulle gambe, a volte anche sui seni turgidi, spuntati da poco e con i capezzoli appena abbozzati.

Col passare del tempo, Sam picchiava sempre più forte e Ofelia, sentiva sempre più male; ormai la lotta era diventata solo una scusa, serviva ad arrivare sempre alla stessa conclusione: lei perdeva, Sam la bloccava ma non la puniva più, perlomeno non davanti a tutti. Intanto, chi girava per casa in quei momenti di baldoria, non aveva il tempo né la voglia di interessarsi ai giochi scalmanati, di quei due matti: una ragazzina insignificante e un giovanotto rimasto un po’ infantile.

Ofelia rimaneva in “debito” di una, a volte anche di due, punizioni, che le venivano inflitte in separata sede. Al momento opportuno, quando capitava che restassero un po’ in disparte, o che potessero incontrarsi da soli nel garage di casa, Sam aspettava la ragazza e la puniva, e lei sapeva di doverlo subire. Era un patto segreto, sancito senza parole e nato, quasi spontaneamente, tra i due.

A un certo punto, in Ofelia, intervenne un elemento misterioso, che cambiò il dolore, la rabbia e l'umiliazione in qualcosa di diverso... di strano e indescrivibile.

Quasi sempre il ragazzo si sedeva e la teneva poggiata sulle sue ginocchia; quando la colpiva, Ofelia sentiva sempre, sotto il pancino, una protuberanza viva, gonfia e dura, che le faceva torcere le budella e le riempiva la mente di un segreto e sconosciuto senso di piacere. Piacere che le restava in corpo anche dopo, quando Sam andava via. Piacere che si placava solo quando la fanciulla, nel suo lettino, si cercava la patata, che aveva continuato a trasudare per tutta la serata, indipendentemente dalla sua volontà. Allora, approfittando dell'umido vischioso che trovava, v’infilava facilmente le dita. Se ne stava supina e si masturbava a lungo, fino a venire. Mentre si donava questi primi momenti di voluttà le capitava sempre di cercare, con la mano libera, quei punti dove Sam aveva picchiato duro, li trovava e si dava da sola dei feroci pizzicotti, compiacendosi di rinnovare il dolore che, invece di abbatterla, la mandava in estasi, moltiplicando all’infinito la sensazione di piacere.
Nel reciproco e tacito silenzio, la cosa andava oltre, e sempre di più, tant'è che la giovane Ofelia, ormai doveva stare attenta quando si spogliava, perché le sue natiche e il retro delle sue ginocchia erano spesso costellati di segni rossi o di lividi bluastri.

Il tempo passò, Sam sparì e Ofelia divenne una donna. Sposò Mimmo, un ragazzo meraviglioso, buono come il pane. La loro vita era felice, e Ofelia aveva scordato del tutto i suoi giochi infantili, e faceva regolarmente l’amore con il giovane marito. Solo a volte, quando le capitava di masturbarsi in solitudine, per raggiungere il massimo del godimento, si cercava automaticamente il sedere, pizzicandosi forte, fino a sentire dolore vero. Raramente, quando il desiderio di sentire male si presentava più incessante e violento, toglieva l’ago da due o tre siringhe sterili e, con estrema voluttà, se lo infilava completamente nelle morbide natiche. Accadeva nel bagno, quando poteva ammirarsi grazie al grande specchio, quando le goccioline di sangue erano evidenti e traboccavano di libidine.

 

2 - Ragazza Manga

Operare nel settore immobiliare al servizio di un'Agenzia seria e competente; avere una florida e soddisfacente zona operativa, ottenere risultati e riconoscimenti, era una gran soddisfazione! Soprattutto a trent’anni. Senza falsa modestia, voleva dire aver lavorato sodo, con dedizione e correttezza. E questi erano i Pro. Di contro, le giornate senza appuntamenti erano noiose, per chi non aveva altri obiettivi che migliorare lo status sociale e, di conseguenza, la felicità della sua famiglia, specialmente in quel particolare periodo.

«Madre mia, che topa!» urlò Ennio, un giovane agente che si stava trastullando col PC. Chiamò a gran voce Mimmo, che si lasciò convincere dalla sua euforia e lanciò un’occhiata alla foto, arrivata sulla mail di Facebook. Osservò con espressione sarcastica quella ragazza che si presentava in vesti succinte.
«E chi ti dice che è veramente lei?»
«Infatti» ammise Ennio «ma, alla fine, è solo un gioco, no? Un passatempo... Se son rose, fioriranno!»
«Non fa per me!» disse Mimmo.
«Ma dai, perché?» insistette Ennio «sempre meglio che farsi le palle col Solitario. Sai chi ho tirato “dentro”... e adesso mi ringrazia? Nientedimeno che Gino, the Boss!»

Non è che Mimmo ne fosse troppo convinto, Gino era il suo capo ma, prima di tutto, un caro amico. Avevano cominciato praticamente insieme, in quella che era stata la nuova sede: Mimmo, alle prime armi, ma pieno di buona volontà, e Gino, al suo primo incarico manageriale. Con fiducia e rispetto reciproco, avevano lavorato sodo: ora, l'Agenzia di via Roma era diventata un ufficio importante e con molti collaboratori.
«Perché dici di no? Gino è separato, lo sai! Gli ho fatto aprire un profilo da "Cucador" su Badoo e si diverte pure nei gruppi spinti di Facebook. Sai come si è soprannominato?» il giovane agente sogghignò, «Padrone per Schiave! Ha detto: “Se mi devo buttare nella mischia, devo farlo alla grande!” Che tipo, il Boss!»

***

«E’ solamente il culo del principiante!» sentenziò Gino alla volta di Mimmo che intanto se la ridacchiava, pur lievemente imbarazzato. Ennio, alle loro spalle, spiava lo schermo del PC, e sbavava. Da qualche settimana la pausa pranzo era diventata un momento di caccia febbrile. Si spezzavano gli schemi di routine e iniziavano a spassarsela. Anche Mimmo si era lasciato convincere, ora si chiamava "Predator" e partecipava nei gruppi, scherzando e lanciando esche virtuali, niente di particolarmente peccaminoso, ovviamente. Per lui era solo un gioco, più o meno. Un lunedì aveva stretto l’amicizia con una che si presentava come donna. Il suo nick-name era Ragazza Manga. Conquistata da Predator (Mimmo), forse grazie alla sua correttezza nell'esprimersi, Ragazza Manga, in una settimana di chat pomeridiane, gli aveva raccontato un po’ della sua vita e anche qualche sogno nascosto, qualche segreto della sua libido.

La misteriosa interlocutrice postava immagini prese dai fumetti “anime”, del tipo erotico, ritraevano fanciulline dagli occhioni innocenti e dal corpo da teen-ager, scopate con soddisfazione e accanimento da giovani amanti o da mostri improbabili. Tutti, indistintamente, erano superdotati e infilzavano le ragazze, facendo lanciare loro gridolini di dolore. Intanto, dalle fighette straziate, colavano goccioloni di piacere intenso. Da un paio di giorni Ragazza Manga, in privato sembrava voler concedere, al suo Predator, qualcosa in più... Gli aveva inviato alcune immagini, che lei diceva sue, e scattate appositamente per lui. Se era vero, si era servita di uno specchio, indossava sempre biancheria semplice, quasi infantile, bianca o rosa.

Ai colleghi invidiosi si rizzavano i capelli, invece Mimmo non era il tipo da spingere troppo; quel gioco rischiava di diventare eccessivamente intrigante e lui non voleva che accadesse niente del genere; fin troppo innamorato della sua sposa, la rispettava con tutta l'anima.

Chissà: se quella storia non fosse stata tanto palese, condivisa come un gioco davanti agli amici che, ormai, sapevano tutto; se la sedicente ragazza, nell'offrirsi ogni giorno di più, tra gioco e realtà, non avesse toccato certi argomenti e certe esagerazioni, forse Mimmo non si sarebbe sentito così a disagio. Dopotutto, lui era un bell’uomo e non aveva, in pratica, nessuna esperienza né di trasgressioni, né di tradimenti... E "Ragazza" cominciava a fargli salire il sangue alla testa.

Diceva di avere una vita sin troppo normale ma intanto gli confessava apertamente che da troppo nascondeva a se stessa le sue pulsioni segrete. Ammetteva di avere un uomo ma che, a lui, non se la sentiva di confessare quei desideri che la stavano consumando. Da qualche mese, poi, attraversava uno strano momento psicologico, forse erano gli ormoni... fatto sta che i suoi sogni erotici erano diventati insostenibili. Ragazza Manga, infatti, per rincarare la dose della sua appetibilità, aveva sostenuto di essere incinta, il desiderio di essere brutalizzata, nonostante il pancione che iniziava a farsi notare, si era impadronito di lei e la voglia di essere sculacciata, se non frustata, da un vero uomo, un padrone deciso e severo, era diventata una vera ossessione: le toglieva il sonno.

«Che libidine!» disse Ennio, mordendosi le labbra «Cosa aspetti? Fatti sotto, no?»

 

3 - Complici, carnefici, vittime rassegnate

Un martedì, Mimmo e Gino furono gli ultimi a uscire, erano da soli e, prima di rientrare a casa, decisero di andare a farsi uno Spritz, per concedersi un piccolo diversivo. Parlarono un po’, alla fine Mimmo disse all'amico che non se la sentiva di continuare quei giochetti sul web e che avrebbe staccato.

«Ci tengo a mia moglie, non posso rischiare, e poi questo non è il mio genere, sono cose che non fanno per me. Mi conosci. Se ti va, se ti diverte, continua tu al posto mio: mi farai un piacere. Goditela e, come dice Ennio, Se son rose...»
A Gino scappò da ridere. «Che bacchettone, sei. Però, fai bene. Tieniti ben stretta la tua famiglia, lo vedi altrimenti cosa succede? A cinquant’anni, e solo come un cane; fatico per niente e senza scopo. I ragazzi stanno con la madre. Ora sono grandi, di me non s’interessano più. Meglio non pensarci, va...!» Allontanò dalla mente quel velo di tristezza «Dammi sta’ password dai, e sai che ti dico? Se Ragazza Manga è pronta a cadere nella rete, le faccio "pelo e contropelo". Ho sempre desiderato provare una storia di masochismo e, se veramente è incinta poi, libidine pura! Me la scopo davanti allo specchio.» si salutarono allegramente, da buoni amici. Quella stessa sera, dopo aver mangiato qualcosa alla svelta, Mimmo, in pace col mondo, si addormentò da solo nel lettone, scacciando dai pensieri quell’impossibile avventura.
La giovane Ofelia era rimasta a casa della madre. Dopo aver salutato Mimmo al telefono e scambiato teneri bacetti, s’infilò nel suo vecchio letto di ragazza, che era rimasto intatto a casa dei suoi. Il sonno tardava a venire, svogliatamente, senza alzarsi, accese il suo Tablet, per perdere un po’ di tempo. Predator era onLine... strano, era difficile trovarlo sul web, di sera. Una delle cose che aveva convinto la ragazza che, Predator, fosse un uomo vero e proprio, erano proprio le sue assenze, la sera e durante i fine settimana, tipico! Sono i classici periodi in cui, gli uomini sposati, diventano docili agnellini al cospetto di quelle mogli che, essi stessi, dipingono in chat come odiose e insignificanti, durante il resto della settimana!
Ofelia si mise comoda e poi lo salutò, dopotutto era l’unico rapporto che la intrigava nella piatta banalità dei Social Net. Col favore delle tenebre, il Predator sembrava particolarmente allupato... era diverso dal solito, più spiccio e più deciso, manifestava senza mezzi termini il desiderio di lei, di conoscerla, di possederla. La cosa riscaldò la ragazza, quella manifestazione di virilità la affascinava!

In genere, nonostante scherzasse volentieri, anche coi doppi sensi, lui sembrava sempre un po' indeciso, non cercava mai la “conclusione”. Stavolta, forse, era tutto solo, e la libertà e la notte lo rendevano più audace, fatto sta che, Predator, dopo dieci minuti se la voleva scopare ad ogni costo, ma quello sarebbe stato il minimo, il suo amico si prodigava in una serie di varianti oscene, riguardo al loro possibile rapporto, riempiendo la fantasia di Ofelia con promesse sadiche e perverse.

Mentre sosteneva la conversazione, schernendosi con un falso sarcasmo, la donna ringraziava il cielo per averle fatto scoprire l’alter ego del suo contatto segreto. Le risultava veramente difficile mantenere una certa compostezza. In pancia sentiva che non avrebbe resistito a quell’uomo; il predatore era venuto allo scoperta e lei, la vittima, era troppo eccitata per ricordarsi di badare a ciò che faceva. Era sposata, futura madre, e l’altro, in realtà, un perfetto sconosciuto ma in quel momento, complice l’eccitazione, se lui glielo avesse chiesto, sarebbe uscita volentieri di casa, anche a piedi nudi, per farsi oltraggiare per le scale. Dopotutto, quelle scale le conosceva bene... c’era un’ultima tesa, di sopra, che portava al terrazzino, non ci saliva mai nessuno. Quando Sam era troppo allupato per aspettare e aveva bisogno della sua piccola “schiava”, si rifugiavano spesso in quella alcova segreta, pericolosamente esposta. Eppure, proprio là, Ofelia aveva subito le peggiori punizioni e le più indicibili umiliazioni: oltre a sottostare alle oltraggiose fantasie di Sam, era pure costretta a prenderle nel più assoluto silenzio. Che goduria indescrivibile...

Lui le chiese se poteva chiamarla, ma era troppo tardi, però, nel lasciarsi, lei promise che avrebbe accettato un appuntamento. Era stato difficile fingere di sostenere gli attacchi del suo nuovo amico virtuale, però per lei davvero era la prima volta, non avrebbe mai voluto tradire il marito. Nel suo animo, qualcosa le diceva che questo era diverso; era come una droga, una dipendenza fisica, che lui non avrebbe potuto mai capire... non era un tradimento, l’amore, la devozione, il rispetto non c’entravano: lei aveva bisogno di quel rapporto. Anzi, forse sarebbe stato proprio la migliore medicina per la sua mente, malata di desideri inconfessabili.

Mentre il suo corpo si scioglieva in mille fantasie, Ofelia si lasciò andare e confessò a se stessa tutto il desiderio che aveva represso; aveva bisogno di essere maltrattata da Predator, ne andava della sua felicità e di quella del suo matrimonio con Mimmo, anche se lui non avrebbe mai dovuto sapere nulla. Era eccitata… così i possibili rischi di quella pazzia le sembravano estremamente remoti, come accade sempre in questi casi.

 

4 - Felici e contenti?

Passarono un paio di settimane... misteriosamente Ofelia si trovò davanti un Mimmo scontroso e taciturno, e la cosa la addolorò. Lei, al contrario, si sentiva al settimo cielo, anche se non poteva darlo a vedere. Di nascosto invece, quando chattava con Predator, gli confessava tutta la sua euforia. Ormai, aveva abbandonato ogni pudore nel raccontarsi a quell’uomo; scrivere dei suoi trascorsi e di ciò di cui, una parte di lei, aveva bisogno era diventato un gioco erotico. Già un paio di volte si erano masturbati all’unisono. Lei si sentiva più libera a scrivere, ma quando erano sul punto di venire, si telefonavano... giusto il tempo di scambiarsi gli ultimi sospiri della goduria.

Le ubbie del marito non durarono a lungo, per fortuna, la mettevano a disagio. Una sera Mimmo esordì con una frase abbastanza strana:
«Scusami, amore, se in questo periodo ti sono sembrato un po’ musone,» disse durante la cena; portò al minimo il volume della TV «vedi, abbiamo avuto un po’ di problemi sul lavoro, ma adesso è acqua passata. Io desidero che tu sia felice... ricordalo sempre. Voglio che vivi bene... per questo farei qualsiasi cosa per te. Se tu non sei felice, la mia stessa vita finirebbe male.» Dopo aver pronunciato quelle parole indecifrabili, si alzò e l’abbracciò, e la tenne stretta stretta, per un sacco di tempo. Da quel momento tornò il ragazzo serio e affettuoso di sempre... anzi, divenne fin troppo premuroso, accomodante, disponibile. Ofelia attribuì quell’eccesso di zelo all’euforia per la futura paternità. “Sarà l’emozione!” pensò la moglie, impressionata da quel comportamento.

 

5 - Appuntamento al buio

Un sabato, alle tre, dopo una mattinata abbastanza impegnativa, Ofelia fece solo uno spuntino; doveva uscire per incontrare una vecchia amica che si era trasferita all’estero. Si sarebbero viste alla Stazione, per passare qualche ora insieme, prima che la donna ripartisse. Perlomeno, quella era la scusa che si era inventata col suo Mimmo, per giustificare la sua “passeggiata” pomeridiana.

Il marito era sempre fin troppo disponibile con lei, sembrava camminare sulle uova in sua presenza... effettivamente era un comportamento esagerato. Ofelia non era una sciocca ma non era certo quello il giorno adatto per indagare sulla gentilezza di Mimmo. Si pregustava quell’appuntamento da oltre una settimana, era su di giri come una collegiale e sia il ritegno che la prudenza erano andate a farsi benedire. L’adrenalina che le scorreva in corpo era una droga efficace e potente, Ofelia, ora in intimità virtuale con il suo futuro “carnefice”, non riusciva più a pensare con lucidità: voleva essere sottomessa, maltrattata, sentirsi alla mercé di quel maschio sconosciuto che le aveva anticipato le sue torve intenzioni. L’avrebbe trattata come un pezzo di “carne cruda”, su cui sfogare ogni suo desiderio. Altro che primo incontro, niente caffè da sorseggiare: il Predatore la voleva trovare già in Albergo; le aveva persino ordinato come si doveva vestire...

Mimmo, intanto che lei si preparava, gironzolava per casa e un po’ la prendeva in giro.
«E ci vai vestita così, dalla tua amica?» Ofelia, era sotto l’effetto dell’emozione, fece un giro su se stessa e si fece ammirare, godendo della sua velata gelosia. Adesso anche quello, per lei, faceva parte del gioco: la menzogna. Dire bugie all’amore della sua vita, per coprire quel “porco” che si diceva pronto a usarla come l’ultima delle prostitute.
Ballerine rosse, di vernice, calze spesse, francesine bianche; la gonna color panna non era una mini ma le arrivava al ginocchio, spinta un po’ in avanti dal pancione, ormai pronunciato, era sempre a filo sulla fine delle calze, lasciando intuire a ogni movimento la carne nuda e delicata, un’immagine ben poco innocente e più provocante di quanto si potesse immaginare. 

“E per fortuna che Mimmo non ha veduto l’intimo che sono stata costretta a indossare...” pensò la ragazza.
«Dai, non scherzare sempre,» disse «e non crearti problemi per la macchina, mi son fatta prestare quella di mia madre. Sei libero se vuoi uscire, se ti va!»
«E dove vuoi che vada?» disse lui accomodante «Preferisco restare a casa... mi metto sul divano... aspetto che torni.»

 

6 - Increscioso incontro

«Gino!?» Dall'angolo della stanza, dove aspettava, in piedi, Ofelia trasalì.
L’uomo sulla porta appena aperta era più sorpreso e sconcertato di lei. Visibilmente preoccupato si guardò intorno, per capire se lei era sola nella stanza, poi, dopo essersi lanciato uno sguardo veloce alle spalle, entrò, chiudendosi immediatamente la porta.
«Ofelia... tu... non dirmi che tu...? » Gino crollò sul lettone dell’Hotel, talmente sconcertato da dimenticare per un attimo il motivo del loro incontro.
Ofelia, intanto, si era rintanata in un angolo, vicino al balcone della camera e non faceva che arrossire sempre più, man mano che ripensava a quanto aveva raccontato dei suoi desideri più segreti. Si era lasciata andare, e di brutto, ma era certa di parlare con un perfetto sconosciuto. E Gino, non era certo uno sconosciuto! Non che si frequentassero ma si conoscevano e lei sapeva perfettamente che lui era una delle persone più stimate da suo marito.

«Sono sorpreso quanto te, mi spiace.» cominciò lui per rompere il ghiaccio, poi continuò, «Però adesso comincio a vederci chiaro... più o meno, intendo...» poi, più diretto: «Dai, rilassati, siediti qui, che non ti mangio mica. Piuttosto, cerchiamo di capire...»
Ofelia obbedì, cercò di ritrovare il suo self-control; effettivamente era tutto molto strano. La donna sedette sul letto, a distanza di sicurezza dall’amico, e tirando con fin troppa solerzia la gonna, per coprire le cosce.
«Lui sa tutto!» e non era una domanda.
«Puoi ben dirlo! Io ne sono più che sicuro... sono stato io stesso, cretino, a fornirgli tutti i particolari. Persino l’ora del nostro appuntamento di oggi e quanto gli ero grato, per avermi regalato quest’avventura.»
«Ma che cazzo dici?» sbottò Ofelia «Allora eravate d’accordo su...
«No, no... perdonami,» Gino la stoppò, quasi mortificato «mi sono espresso male... Io non potevo mai immaginare, io non potevo mai credere che si trattasse di te! Ti do la mia parola...» «Ok, voglio crederti,» rispose lei «ma adesso devi spiegarmi, devo capire in che razza di casino mi avete messa...» più la cosa si complicava ai suoi occhi, più alla ragazza veniva da piangere. Gino le spiegò rapidamente com’erano andate le cose; di sicuro, all’inizio, Mimmo non sapeva che Ragazza Manga fosse lei. Aveva passato l’avventura nelle mani del suo amico proprio per non fare un torto a sua moglie...
«Quindi, all’inizio, io chattavo con lui?»
«Proprio così, fu solo un gioco... un passatempo in ufficio, mentre aspettavamo i clienti del pomeriggio. Poi quando Mimmo capì che poteva nascere qualcosa di più, non se la sentì di continuare; mi passò l’account e la password...» poi Gino si batté la mano sulla fronte: «Che stronzo!»
Ofelia lo guardò stupita, ma lui continuò, per chiarire.
«Non capisci? La password... io non l’ho mai cambiata... e chi se ne fregava? Mimmo non è il tipo, e poi... insomma non avrei mai pensato a te. Ma lui, lui deve aver capito tutto... ha letto... ha collegato le cose.»
«Beviamo qualcosa, ti prego!»
«Ma certo, scusami...» Gino si alzò ed aprì il frigobar, intanto Ofelia pensava e pensava. Gino le porse un flute, aveva diviso per due una bottiglietta di fresco Prosecco. Ci voleva proprio.
Un attimo dopo, la signora Ofelia, prese risoluta il cellulare, lo aveva spento poco prima, lo accese; attese pazientemente che diventasse operativo e, semplicemente, scrisse un messaggio a suo marito:

“Si può sapere che cosa vuoi da noi?”
La risposta fu quasi immediata, Mimmo doveva tenere il telefono in mano: “Io desidero solo che tu stia bene, a qualunque costo... e senza farti male.” Ofelia non disse niente e Gino fu assai discreto. Bevve l’ultimo sorso di spumante, poi si alzò, si rassettò la gonnellina e, con espressione da educanda, le gambe strette, le mani “in quarta”, disse, a voce bassa ma scandendo bene:
«Sono pronta, Padrone.»

 

7 - Amore e sottomissione

Adesso tutto combaciava. Certo, a Gino Ofelia piaceva già da prima, ma aveva vent’anni di meno! Eppure era lei la ragazza in chat, Ragazza Manga, perfino il cosiddetto pancione, cui lei aveva fatto cenno(era al quasi al quinto mese) era reale… e quanto l’aveva stuzzicato quest’ulteriore, sottile, prostrazione della ragazza. Adesso il sogno segreto di Gino, quello che aveva coltivato per una vita, nella fantasia, diventava realtà. L’uomo, dopotutto un tipo abbastanza tradizionalista, era certo che mai avrebbe potuto coronare quel suo desiderio di dominio totale; per lui era pura fantasia, senza speranza. Certo, qualcosa aveva provato, aveva giocato, anche con l’ex-moglie, ma erano solo palliativi, anche un po’ teatrali, rappresentazioni “sceniche”, e basta!

Il brivido caldo che gli attraversava la schiena e gli faceva rizzare i peli sulla nuca, poteva provenire solo da quella specifica donna: una donna che “sentiva” davvero tutto il bisogno di essere domata e dominata; fatta sua come una schiava, senza speranza e senza pudore.
«Va bene, voltatì!» ordinò. «Gira lentamente su te stessa...» Ofelia eseguì senza batter ciglio. L’eccitazione su Gino prese il sopravvento sull’umanità e sul rispetto delle regole... anzi, pensare che quella puttana che si esibiva, pur arrossendo, era la moglie del suo migliore amico, lo rendeva più “feroce”. Sapere che Mimmo “sapeva” che sua moglie, poco più che una ragazza, e incinta per giunta, si esibiva davanti a lui come una troia, in una camera d’albergo, gli procurava ulteriore goduria.

Il piccolo Mister Hyde che si nasconde nella sessualità più segreta di ognuno di noi, prese il sopravvento. Gino, in realtà, non possedeva solo Ofelia ma pure il suo stesso marito. Lui, anche se lontano, sapeva e soffriva le pene dell’inferno... era semplicemente meraviglioso!
«Continua a girare su te stessa, non fermarti, ma stavolta tirati su la gonna. Piano, fallo piano!» la sua voce si faceva sempre più roca, dura e decisa. Gino allungò il braccio e accese l’abat-jour del comodino; la manovrò, fino ad ottenere un fascio di luce diretto proprio sulla carne nuda di Ofelia, che spiccava tra i bianchi virginali della gonna e delle calzette.
Anche Ofelia pensava a Mimmo, adesso che la gonna era salita su, al punto di scoprire la sua natura e il suo sedere, davanti a Gino che, in fondo, era un estraneo. Sì... Ofelia era completamente nuda, sotto, e totalmente depilata, così l’aveva voluta Predator, questo aveva ordinato e questo aveva ottenuto! E Mimmo!? Mimmo aveva letto tutto... capito tutto, aveva carpito tutti i segreti più perversi della mente di sua moglie. E, stupefacente a dirsi, aveva capito due cose orribili: che lei, almeno ogni tanto, aveva bisogno di “perdersi” in piaceri inconfessabili e che lui, nonostante fosse il migliore dei mariti, non avrebbe mai potuto farle provare certe emozioni.
Ecco perché aveva lasciato che il loro strano destino si compisse... Mimmo stava giocando il tutto per tutto, povero Angelo. Aveva capito che quel desiderio avrebbe agito come un tarlo, nella mente di sua moglie, consumandola, rovinandola e, probabilmente, distruggendo il loro matrimonio, seppure felice.

Lo specchio, dall’altra parte della stanza, le restituiva un’immagine cruda, dolorosa che la turbava: nella penombra, Gino, seduto sul letto, che osservava l’unica scena illuminata con violenza. Mentre lei girava su se stessa, quasi in punta di piedi, come una bambola di ceramica, si esponeva al maschio, prima la vulva poi, lentamente, si arrivava a vedere le due chiappe, chiare e sode. Una sola lacrima uscì dai suoi occhi sbalorditi ma si asciugò presto... le sue guance ribollivano, un po’ per la vergogna, un po’ perchè, guardando Gino, si accorse che era “pronto”... in lui, l’amico di famiglia, era del tutto sopito, adesso, nei suoi occhi bramosi c’era solo la voglia di usare la sua vittima nel “peggiore” dei modi: Predator, era pronto a colpire!

 

Fine ???

Certo, caro lettore, adesso hai capito come finisce, ma...

Se ti piacciono le descrizioni mozzafiato; indagare le emozioni  più  violente  dei  protagonisti;  conoscere  le azioni più esecrande che si compiranno in quella camera d'albergo... allora continua a leggere, saprai cosa è capace di subire Ofelia, tra dolore e piacere, quanto è disposto a soffrire il suo giovane marito per vederla felice e assisterai allo sfogo terribile di Gino, esacerbato dalle voglie perverse e dalle sue frustrazioni.

 

8 - "Sta castigando mia moglie..."

Gino, adesso, era davvero infoiato e la carne tenera della sua vittima appetitosa lo attraeva da impazzire. Voleva un immediato contatto fisico, con quella vulva delicata e gonfia; sentire tra le mani le due chiappe sode, esplorare i suoi anfratti misteriosi, nascosti tra le pieghe deliziose del suo corpo, reso leggermente sovrappeso dalla incipiente maternità. La pancia di Ofelia, infatti, era tesa e prorompeva, esposta fino all’ombelico: la gonna era arrivata su, la ragazza l’aveva sollevata lentamente. Ora si presentava nuda e attraente, in tutto il suo osceno candore.
Gino, prima di tutto, la volle assaggiare:
«Brava, ragazza, ora appoggiati con i gomiti al comò,» disse eccitato «stai attenta, fa in modo che la gonna non scenda, devo leccarti per sentire il tuo sapore intimo.» Ofelia trasalì, era eccitante sentirsi dare degli ordini con tanta confidenza; Gino la trattava già come fosse una cosa sua, e lei, come tanti anni prima, godeva follemente della sua incapacità a dire di no... E adesso era in una situazione ancora peggiore, avrebbe dovuto solo vergognarsi: il suo essere domata e imbelle, non era più giustificabile come un gioco giovanile. Lei era moglie, tra poco madre del figlio del suo amato Mimmo e, nonostante questo, puttaneggiava, peggio, si faceva tiranneggiare dal boss di suo marito. Decisamente una situazione mortificante; una di quelle scene descritte dalla più becera fantasia dei peggiori registi di filmetti pornografici. Essere così, tremendamente remissiva e completamente porca, le faceva fischiare le orecchie per la pressione, lo sentiva nelle tempie.

Obbedì senza fiatare. Cercò di bloccare il gonnellino, aiutandosi con l’elastico del reggipetto... Gino seguì l’operazione, senza fretta. Tanto il marito di quella donna era lontano, prono, come e peggio di lei. In realtà li teneva “sotto” entrambi in quei momenti passati con la donna...
«Fa uscire le tette dal di sopra della maglietta, devo vedere pure quelle!» Ofelia ebbe un attimo di indecisione, voleva capire bene gli ordini di Gino, per offrirgli l’emozione di essere una schiava perfetta.
L’abbigliamento che Gino aveva voluto era molto stretto e le sue zinne, con la gravidanza, erano diventate enormi. Arrancò con le dita, finché non riuscì a tirarle fuori, una dopo l’altra, dalla scollatura. Secondo lei non erano un gran bello spettacolo, costrette in tanto poco spazio, i due capezzoloni quasi si toccavano, e Ofelia si sentì un po’ strana ma non ebbe il coraggio di lamentarsi. Se avesse almeno potuto sbloccare il reggiseno... ma le serviva per tenere fede all’altro ordine del Padrone: bloccare la gonna, in alto.

Gino la seguiva con la luce della lampada, per non perdersi nessun particolare. Era vestito ancora, ma la sua verga teneva teso il pantalone classico. Ofelia si rivide, nello specchio lontano, e si trovò oscena, ai limiti del ridicolo. Meglio!
La sua infedeltà meritava tanta umiliazione; il fatto che suo marito sapesse perfettamente quanto porca e puttana fosse, era ancor più debilitante per la sua dignità, rispetto a un semplice, classico, tradimento tenuto segreto.
Ma a Gino quello spettacolo triviale e senza sentimenti piaceva. La guardava pieno di libidine: era talmente appetitosa che non sapeva come iniziare a godersela.
Ofelia era pronta da qualche minuto, lui s’inginocchiò dietro alle terga e iniziò ad annusarle le parti intime, di dietro e davanti. «Divarica le cosce» ordinò. Ofelia era calda e umidiccia, sia tra le natiche che sulle labbra della vulva. La pelle delicata era ancora leggermente irritata dalla depilazione totale; Ofelia l’aveva appena fatta, come le aveva ordinato Gino, in chat, pochi giorni prima.
Il Padrone indurì la lunga lingua e le penetrò l’ano, dovette premere, perchè la sua giovane vittima non era mai stata inculata, prima. Con Sam, il suo vecchio padrone, non c’era mai stata l’opportunità per un rapporto così complicato e Mimmo, suo marito, non ci aveva mai neppure provato.
Gino leccava e succhiava, soprattutto le grandi labbra, gliele faceva vibrare con la bocca, facendo sì che quel tremore intimo si espandesse attraverso la sua schiena e i suoi nervi. Ogni tanto, a mano aperta, le somministrava dei sonori ceffoni sul sedere, tanto che dopo circa dieci minuti di trattamento le due chiappe erano di fuoco, ma Ofelia non emise un lamento. Ricordava gli schiaffi di Sam e ripensava a quanto li avesse solo immaginati, per tanto tempo.
Capì che Gino la desiderava a ogni momento di più; ora, passato l’effetto sorpresa, il maschio era più che deciso ad approfittare della sua giovane vittima. Non aveva fretta, non fremeva, non pensava assolutamente a cercare una copula, per esprimersi in un orgasmo veloce... Gino voleva molto, voleva tutto!

Per riposare il culetto, le ordino di sedersi sulle sue gambe, ma poi le ordinò di distendersi, cercando di tenersi con le mani al comodino, così piegata all’indietro, la sua vulva depilata a mo’ di adolescente, era esposta e gonfia, sotto la pancia pronunciata. Gino la colpì forte, con uno schiaffo cattivo, in pieno pube. Il dolore inaspettato le esplose dentro, facendole torcere le budella. Non se l’aspettava, non era mai stata colpita lì. Ma l’uomo picchiò ancora, indifferente ai suoi mugolii di dolore; quelle botte le fecero un effetto tremendo, perse controllo sui muscoli e le venne voglia di evacuare, e si trattenne a stento, ma non trattenne un pochino di pipì: le scappò e bagnò i pantaloni di Gino, che invece di prendere provvedimenti, continuò a percuotere la sua vagina metodicamente.
Quando smise, lasciò che Ofelia scivolasse per terra, indifferente. Lei restò immobile, si bagnò il fianco sulle gocce di orina che giacevano sul pavimento; le tempie pulsavano, e le lacrime le scendevano dagli occhi, senza controllo.

Dopo una decina di minuti, Gino venne fuori dal bagno: adesso era nudo e con l’asta eretta.
«Alzati e levati tutto» ordinò, e le lanciò un asciugamani pulito. Ofelia ascoltò il suo comando; si era abbastanza ripresa e le era tornata la “foja” di obbedire ciecamente al suo aguzzino.
Da una busta anonima, Gino tirò fuori una bacchetta di bambù e una piccola frusta, era chiaro che avevano solo iniziato. Ofelia chiese di andare nel bagno, Gino acconsentì ma forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto...
Appena la poveretta, seduta sul water, iniziò a liberarsi, entrò in bagno e, piazzato davanti a lei, le mise il pene in bocca. Non pretese granché, ma la ragazza sudava freddo dalla vergogna, mentre eseguiva tutte le umilianti operazioni, che avrebbe dovuto fare in solitudine e privacy. Ma, l’uomo, indifferente non mollava, glielo tenne pressato in bocca, sempre, anche quando passò dalla tazza al bidet, quando si asciugò... lo tolse solo per permetterle di tornare, tutta nuda, in camera da letto. Lì, le fece subito sperimentare una nuova e dolorosa punizione: Ofelia era sul letto, sulla schiena, Predator, invece, in piedi, le teneva con la sinistra i piedini in alto, affinché le gambe rimanessero tese. Tra le mani la bacchetta flessibile, pronta a colpire in punti inaspettati: infatti la “beccò” per trenta volte, davanti e dietro le ginocchia. Un dolore tremendo, penetrante. La ragazza non gridava ma soffiava dal naso o gonfiava le gote, prima di sbuffare fuori tutto il male.

Gino, arrapato dalla situazione, dalla bellezza e dalla condiscendenza di Ofelia, perse del tutto la testa. Per prima cosa ripeté quei gesti che lei, come "Ragazza Manga", gli aveva confessato. La obbligò a mettersi sulle sue gambe e la sculacciò, fino a farle il culo rosso.
Poi, mentre riposava le braccia, aprì la borsa e tirò fuori un frustino, un fallo e del lubrificante gel. Ordinò a Ofelia di prendere posizione, piegata a novanta gradi. Con le calze la legò per i piedi a una sedia e si preparò; le confermò che le avrebbe somministrato cinquanta nerbate. La ragazza, chiamandolo Padrone, lo pregò di permetterle di telefonare a Mimmo: voleva che anche lui sapesse del dolore che, lui stesso, l’aveva messa in condizione di subire.
«Amore, non dire nulla, ascolta solamente...
Non hai saputo proteggermi, e sono già piena di lividi... tu non hai saputo proteggermi: Gino è terribile, sai? Mi ha quasi spezzato le ginocchia; ha appena finito di sculacciarmi di santa ragione. Oh, lui fa queste cose in maniera così offensiva, tesoro. Sta sempre col pene esposto, senza provare nessun riserbo: mi ha del tutto svergognata. Adesso sono in mezzo alla stanza e tutte le luci sono accese, vuole vedermi bene, ha detto. Ahi! Che male, mi ha colpito col frustino, è la prima e lui vuole che le conti. Ne devo prendere cinquanta, capisci? e sono tua moglie. Ahi! Due... peggio della prima.»

Il racconto in diretta di Ofelia continuò, anche quando, invasa dal dolore non riusciva più a parlare correttamente; a stento si capivano i numeri del conto, tra i singhiozzi. Si susseguivano inesorabili, sconnessi e fuori tempo. Dal telefono si sentiva perfettamente: i balbettii di Ofelia arrivavano puntuali poco dopo il freddo schiocco del colpo di frusta.
«Che male, tesoro, e che vergogna, mi vedo allo specchio,» biascicò alla fine. «Ho il culo pieno di strisce, stanno diventando bluastre... quando torno da te le faccio vedere: le ho prese tutte.» fece una lunga pausa, c’era silenzio nella stanza, si sentiva solo il suono trattenuto del suo piangere sommesso.
«Sono felice di averti al telefono, mi aiuta a sopportare. Gino mi sta aprendo le gambe, credo che, tra poco... oh si, amore mio…» dopo un secondo di silenzio, lei urlò, e il marito, sulle spine, si sentì impotente e stupido, ebbe una paura folle che alla sua donna potesse accadere qualcosa di grave, ma lei continuò, dopo pochi momenti di smarrimento. Per Mimmo era tutto nuovo, doloroso e incredibile; non aveva mai conosciuto quel mondo strano, quegli equilibri instabili, tipici, del vero sadomasochismo. Eppure, non scattava, riusciva a intuire la potenza della libidine che stava attraversando la sessualità della giovane moglie. Ne era coinvolto… invece di odiare Gino, si sentiva attratto da lui, contagiato dal mellifluo monologo di Ofelia, che raccontava tutto, adorandolo e temendolo, come un padre-padrone.
«Si era lubrificato il pene e adesso è già dentro.» mugolo addolorata «E’ entrato direttamente dietro. Cazzo! Oh, Mimmo, non immagini cosa ho sentito… e adesso: ah, come mi fa! Mi sbatte; mi offende: mi tira verso il bacino con le mani, dai fianchi. Adesso mi tiene per la pancia... mi fotte dentro il culo, siiii!
Posso venire, gioia? Anche lui sta venendo... sì, senza protezione... non serve. Ah... Mimmo mio, quanta me ne sta dando!»
Mimmo, dall'altro capo, incredulo e folle, adesso piange, ma non senza masturbarsi il membro, diventare grande, che sbucava dallo spacco dei boxer.

Per la prima volta in vita sua, emise lo sperma insieme alle lacrime.

 

RINGRAZIAMENTI


Vogliamo ringraziare S. Angelica, che ha confezionato per noi questo racconto, ispirato a un suo intrigante ricordo.

Angelica è una giovane donna che ha abbandonato la vita monastica da alcuni anni; nessuna particolare divergenza l’ha indotta a farlo, quanto una sua personale ricerca di libertà e voglia di vivere a modo suo, senza eccessive imposizioni né regole. Oggi scrive, crea oggettistica pregiata, grazie alla preparazione acquisita in gioventù, e si dedica al suo giardino, dove non mancano fiori rari ed erbe piene di incredibili virtù.

Ha deciso di inviare qualche racconto al eQueens Project perchè, dopo esserci conosciute, la sua memoria le ha riportato alla mente un periodo assai particolare dell’esistenza, contraddistinto da una straordinaria serie di eventi.

Un giorno, quando era solo una ragazza, le venne ordinato di rassettare un vecchio scantinato, dimenticato e pieno di cianfrusaglie; per puro caso scopri, nascosto da un grosso stipo, uno stretto passaggio che si perdeva nel buio, verso l’ignoto.

Qualche anno più tardi, memore di quella scoperta, per scacciare la noia, si decise, nottetempo, a procedere a una ricognizione nel vecchio ripostiglio. Grande fu la delusione: il cunicolo scavato nella roccia, s’inoltrava per molti metri, ma non nascondeva alcun tesoro, né reliquie dimenticate e nemmeno “un ossario dei Cappuccini”. Terminava davanti a una solida parete, di legno antico, che neanche a colpi di piccone sarebbe stato facile abbattere.

Qualche giorno dopo, Angelica, scoprì di avere perso la chiave del suo stipo, la cercò ovunque ma senza successo. Prima di decidersi a scardinare il vecchio portello, si ripromise di dare un’occhiata nell'antico passaggio segreto. Così, la domenica successiva, poco prima della messa in Cattedrale, approfittò del trambusto per infilarsi nel budello. Fortunatamente la chiave era lì, proprio davanti alla parete lignea; quando Angelica si voltò, per tornare sui suoi passi, alle sue spalle una voce maschile tuonò:

«… e allora? Cos'hai fatto?» la suora trasalì, spaventata e confusa, e solo quando si riprese dallo spavento, trovò la forza di voltarsi. Dovette constatare di essere irrimediabilmente sola. Allora si fece più attenta: le voci che si sentivano erano due, una, forte e stentorea, era sicuramente quella di don Livio, il Rettore della Basilica, l’altra, più bassa e ovattata, doveva essere di un compaesano, che stava confidando al prete i suoi peccati.

Di là della parete misteriosa, quindi, c’era il confessionale della Chiesa grande e, di sicuro grazie a qualche antico marchingegno, dal cunicolo era possibile ascoltare distintamente le confessioni.

In seguito suor Angelica indagò con discrezione, scoprendo che il cunicolo era del tutto dimenticato; così, nei momenti in cui le era possibile, quello divenne un intrigante diversivo alla monotonia delle giornate in convento. Da quella postazione segreta, Angelica apprese molti peccati, alcuni orribili, e altri decisamente eccitanti.

Di alcune di quelle storie, l’ex-suora ha scritto una memoria che oggi, approfittando del Progetto, ha deciso di condividere in perfetto anonimato.




Commenti